30.6.11

Lecce (post che avrei dovuto scrivere il 31.07.2001)

Fosse Venezia,
mi perdo a ogni passo
incerto verso un’incerta meta,
e anelo un respiro d’acqua,
uno sciabordare legnoso
di scafi contro la riva…
ma mi accoglie ad ogni
angolo il secco silenzio
di questi vicoli bianchi,
lo stravolgimento ciottoloso
di queste mura effimere,
polveroso inganno,
l’arso incunearsi di
questo viottolo di cielo irreale,
d’azzurro innaturale, metafisico
suggello di questa Lecce candida e
leggera, araba e barocca,
perla dorata in bilico
tra la terra limacciosa
e un mare troppo lontano.
Città di chiese e corrispondenze,
profumi ed esistenze tardive, occhi
profondi e neri, seni tondi;
Lecce sorpresa e sorprendente,
magica e beffarda, puttana: quando
ti vende un’emozione finta,
pallida di tempo, emozione
aerea e tu sei a terra…
incerto e incespicante,
tra questi negozi serrati,
nell’aria sonnolenta
di un pomeriggio infinito,
di un pomeriggio sbiadito dal
sole, sibilante serpente che
avvolge tra le sue spire
il mio vuoto errare.

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