3.9.11

Facecook: l'angolo cottura del mercoledì al sabato 9


Che sia perché dopo il ritorno dalle ferie non si sono ancora ingranati i soliti ritmi, che sia perché gli ultimi mercoledì ce ne siamo stati beatamente in giro, che sia una cospirazione della lobby dei cuochi replicanti televisivi (replicanti perché ogni 3x2 li becchi in una replica e non capisci mai se è una cosa che hai già visto oppure un déjà-vu o un errore di Matrix che tipo moriremo tutti e arriva Keanu Reeves con gli occhialini a fermare al volo i cuori di palma marinati in salsa di gambero),
Il Cucchiaio d'argento non esiste
che sia quel che sia, ma da un po' di tempo in questa cucina non si cucina.

E' noto che il disuso degli apparati casalinghi comporta un impoverimento della loro aura mistica, compromettendone quindi le capacità intrinseche e in ultima istanza inficiando la bontà del risultato del loro utilizzo. Fin dall'antichità per ripristinare tali proprietà si ricorreva ad ambigui rituali fondati su tradizioni ataviche che si perdono nella notte dei tempi.

In particolare per il riarmo delle cucine si poteva ricorrere a:
a) Rituale orgiastico delle 40 puelle, attraverso il quale si convogliano le energie positive dell'amplesso e nel mentre, tramite apposite spugne legate a mani, gomiti e ginocchia, si lavano anche tutte le pentole.
b) Baccanale delirante all'Aperol, riempiendo di spitz tutti i bicchieri di casa e disponendoli lungo il meridiano principale e fengsciuiecazzivari, si manifesta uno spirito guida che assurge al ruolo di custode della cucina, proteggendola dai nemici nascosti dell'igiene e impedendo alle patatine di diventare bulicce.
c) Cucinare cinese.

Non ci crederete, ma per motivi di tempo ho scelto la terza.

Raggranellato quel che c'era in giro per la casa il menu (rigorosamente senza accento) si è magicamente composto di riso alla cantonese accompagnato da un tacchino agli anacardi e peperoni.

Andando in ordine alfabetico, partiamo dal tacchino.
Lo tagliamo a tocchetti non troppo grandi e lo spadelliamo in un wok con un filo d'olio, il peperone (meglio verde) tagliato a quadretti, un cipollotto tritato fino fino, un cucchiaino di zenzero in polvere, pepe e magari del miso al posto del sale.

Il tacchino si sa, se lo metti in un wok con l'olio e ci accendi il fuoco sotto, beh, sarà l'istinto, sarà la natura selvaggia, ma inizia a cuocere e a dorarsi. Dopo un quarto d'ora poi, rischia addirittura di essere cotto a puntino.
Anticipiamo questi tempi: dopo dieci minuti sfumiamo con della salsa di soia, senza esagerare che poi sa solo da soia e la mattina dopo vi trasformate in cimici (è successo, giuro!).

Nel mentre comunque avrete ripassato gli anacardi in un po' d'olio e li avrete aggiunti al tacchino. Stop!

Per il riso alla cantonese, oltre a sapere che Canton è una città della Cina dal nome smaccatamente portoghese, non è che ci sia molto altro da conoscere.
Piselli, prosciutto cotto tagliato a pezzetti, una frittatina di un paio di uova anch'essa tagliata a striscioline.

Si butta tutto nel wok con un po', ma poca, di salsa di soia, si fa rosolare per bene e poi si aggiunge il riso basmati cucinato in precedenza. Si lascia seccare ed è pronto. I temerari potranno aggiungere olio e friggerlo un po', noi oggi siamo per la leggerezza invece.

Sembra niente, ma la cucina così ha ricominciato a funzionare, lo spettro di Gordon Ramsay è stato allontanato e ho anche trovato il coltello che non trovavo più.

Ma soprattutto sono confortato dal giudizio positivo che mi hanno dato i commensali della serata.

Grazie davvero.

Confondo sempre l'anacardo con l'anacoluto, ma era buono!

Meehehe


Ma perché mi chiamo profilo se sono di fronte? Questa era per il riso...


Nooo..ho detto TACCHINO cinese, non attacchino!!! Però era buono...




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