28.10.11

Erato o dell'incompletezza

Un giorno magari mi metto a fare un po' di ordine tra i ricordi. Per ora va così, estirpando coi denti le schegge appuntite di quello specchio infranto. Il riverbero indolente di dolori frammentati, in cui si moltiplica all'infinito una visione di me sempre più dispersa.

Per ora va così.

"Erato impersonificava una complessa equazione di cui potevi solo intuire una soluzione.
Lei era.
E in quel suo essere avviluppava come un panno umido ogni altra sensazione. Qualunque attimo vissuto in funzione di lei era una sinestesia incostante, che abbacinava il mio illusorio comprenderla.


Non c'era rimedio a lei. 
Non alla fitta delle sue unghie che squarciavano la stoffa pesante della mia malinconia, non al suo viscerale volere, incantevole disinganno del mio timido razionalizzare.


Lei era. Era e voleva. 
Con un sussulto del respiro, con il socchiudersi rugiadoso delle labbra, voleva nel rossore irruento di quella pelle nevosa, voleva. Nei percorsi delle dita, nell'arco perfetto disegnato dalla curva della schiena, voleva ubriacandomi nella liquorosa densità del suo sguardo... Senza rimedio.

Racchiudeva nei suoi occhi l'impeto di un poema, la somma di tutti i versi che fossero stati anche solo pensati, abbozzati, dimenticati, fin dall'originaria scintilla d'ingegno che il primo uomo potesse aver avuto.  

La carezza autunnale del suo sguardo percorreva le stanze di ogni componimento, ma mai nessuna parola era riuscita a raccontarla davvero.


L'inventai, abbandonando me stesso in ogni spazio tra lettera e lettera, consumando le notti così come avrei voluto consumare l'aria che ci divideva.


L'inventai, e forse inventai anche tutto ciò che successe dopo.


E nell'unico, infinito, attimo in cui il suo sguardo mi ha cercato..."


Q.C.D.A.S. un libro che, pur non esistendo, si interrompe sul più bello.


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