12.3.14

Ho mal di te


Ho troppe cose a cui non pensare per riuscire a non pensare a tutte.
Così va a finire che tu ci sia. Là dove non dovresti essere o quantomeno non così.
Troppi i miei slalom ad aggirare un ricordo, troppe le sensazioni da ingannare, i mesti camuffamenti di un'emozione.
Così ci sei.

Mi guardi come  per una scommessa, e ridi. Dici, ogni volta che qualcuno scrive 'vorrei fare con te quello che la primavera fa coi ciliegi', Neruda rimuore. Risorge per un istante, graffia qualche parola sul coperchio consunto della bara e poi rimuore. A forza di rinascite c'è un libro su quel coperchio, e nessuno lo leggerà mai...

Eri così, ti ritrovavo nei gesti più soliti, nel rumore gracchiante del modem alle cinque di mattina, nelle borse lanciate nel lungo corridoio della scuola prima dell'ora di ginnastica; lì, tra le trasparenze di una maglietta, in uno squillo troppo breve del telefono, nel sangue ferroso che si lecca dalle ginocchia.

Ti chiedo candido, nemmeno per scherzo ma curioso davvero, e cos'è che farebbe la primavera coi ciliegi?

La risposta la cambi nell'attimo in cui tormenti il labbro inferiore, avevi di sicuro parole pronte, addirittura già scritte su qualcuno dei tuoi fogli disordinati, probabilmente, eppure ora la cambi, inventi, come se non mi meritassi la conferma dei tuoi pensieri, e no, non so dire se sia per punizione o premio.

Li illude! C'è un silenzio prima e uno dopo, ma non sono comparabili, anzi sono diametralmente opposti. Li illude che sia sempre così, che la vita sia quello, sia fiori setosi che vibrano al vento della sera, sia quel brivido di freddo buono che senti al tramonto, che sia il caldo perfetto di marzo, e rinascere, svegliarsi dal torpore per scivolare in quel tepore, e rinasce, riscoprirsi e sentirsi belli, forti, pronti per la vita. Questo fa la primavera, e non dice loro che quei petali a momenti marciranno lungo i bordi dei marciapiedi, che quei colori appassiranno presto, lasceranno spazio al dolore dei frutti, che piegano i rami, che squarciano ferite d'insetti e allora non sarà più rinascere ma rimorire, affrettarsi nel caldo torrido di agosto, in un campo muto di cicale e secco, arso, sentire le radici che scavano confuse per ritrovarsi a fissare l'azzurro malato del cielo d'estate.

Ecco, questo fa la primavera! Mi guardi ancora, come se ci fossi davvero.
Azzardi un 'e questo Neruda lo sapeva', ma è solo il preambolo del tuo svanire, l'ultimo avvertimento per i miei pensieri.

Rimango qui, ancora un po', a osservarmi sfiorire, a percorrere con occhi disingannati il craquelé impietoso del tempo sulle mie chimere, mi guardo così, come la primavera con i ciliegi, e non è nemmeno aprile...


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